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Lele che non è morto neanche una volta

Classe 1945, nipote di Emma Piscopiello1 (a sinistra), Lele ha fatto per Arno&Dintorni un viaggio nel suo passato di bambino di Ambra nell’immediato dopoguerra, ricostruendo la vicenda personale sua e dei  suoi coetanei quando gli extraterrestri atterravano a Cennina in cerca di calze di nylon, le donne lavavano i panni al fiume, le galline pigolavano libere nello stadio, il pane si cuoceva in comune, la televisione ancora non c’era ed i giochi erano demolire a sassate i ‘fortini’ e le teste di quelli di Badia a Ruoti, San Martino e Duddova oppure andare a pesca nell’Ambra in scenari che oggi fanno accapponare la pelle ma che a loro, ai bambini della Valdambra di settant’anni fa, non li ha fatti morire “neanche una volta”.
Il viaggio nella memoria di Lele è durato un paio d’ore, l’estratto che segue – dieci minuti – è dedicato all’Ambra di quegli anni ed a ciò che vi succedeva dentro e fuori. Le foto che accompagnano il racconto provengono dai ricchi album fotografici del raccontatore.

1 Figura molto importante nel panorama culturale di Ambra nei primi decenni del ‘900.

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Due frati ed una Chiesa

Patria putativa di Francesco d’Assisi, la storia religiosa del Francescanesimo è intimamente legata alla Toscana: il ‘Sacro monte della Verna‘, luogo delle Stimmate e cuore spirituale dei Frati minori, è nelle Foreste Casentinesi; a Cortona San Francesco dettò il suo Testamento, a Cortona volle terminare la sua vita frate Elia, primo Ministro generale dell’Ordine e fondatore della Basilica di Assisi; toscani furono San Bernardino ed il Beato Alberto da Sarteano ed in ogni angolo della Regione vi sono o vi sono stati Conventi, Chiese, Case religiose, Seminari ed importanti centri francescani per gli studi filosofici, teologici ed umanistici.

Ancora nel 1985 la Curia toscana dei Frati minori censì 51 Conventi nella regione ma da allora forse una decina sono sopravvissuti come Case religiose mentre la più parte è diventata altro: case di cura, alberghi, centri culturali o semplicemente macerie.

A San Giovanni i Francescani ci sono stati per quasi sei secoli, risiedendo al Convento di Montecarlo dal 1427 al 1981 quando gli ultimi cinque frati rimasti furono trasferiti in altre sedi e ad altre funzioni, eccetto Padre Alfonso Turchetti che restò da Parroco della Chiesa di San Giuseppe Artigiano sino al 1986 e poi da Cappellano dell’Ospedale Alberti sino al 1995. Con Alfonso Turchetti, meglio noto come ‘Curatino’, cessa la presenza francescana a San Giovanni Valdarno.

Nato a Badia al Pino nel 1913, il Curatino arrivò a Montecarlo dalla Verna nell’Aprile del 1942. Fu Parroco di Montecarlo – San Giuseppe Artigiano per 44 anni, visse i momenti terribili dei bombardamenti di San Giovanni del 1944 e per come li visse meritò una onorificenza militare britannica e la cittadinanza onoraria della Città di San Giovanni ma il suo nome resterà per sempre legato all’epico ‘trasloco’ della Chiesa parrocchiale dalla collina di Montecarlo alla Croce del Papi.

Impresa epica per tanti versi ed alla quale partecipò il confratello-architetto Raffaello Franci, uno dei pochi che, sin dall’inizo, credette nel progetto della nuova chiesa parrrocchiale.
Sangiovannese, classe 1887, orfano di padre e figlio maggiore in una famiglia numerosa, a nove anni Raffaello Franci era garzone di fabbro dopo essere stato bracciante agricolo quando la madre riuscì a farlo ammettere al Collegio francescano di San Romolo a Figline da dove si avviò a divenire uno dei maggiori architetti religiosi del XX secolo e progettista di un centinaio tra chiese, conventi, monasteri ed alri istituti religiosi disseminati per la Toscana ed altrove.

A queste due singolari personalità di frati intendiamo dedicare la prima iniziativa pubblica dell’Associazione Arno&Dintorni, ricostruendo il ruolo che hanno avuto nelle vicende sociali, culturali e spirituali di San Giovanni.

Le fonti che utilizzaremo sono, per entrambi, i fascicoli personali conservati alla Curia francescana di Firenze, per il Curatino le carte del Convento di Montecarlo, quelle dell’Archivio parrocchiale della chiesa della Gruccia, un manoscritto di oltre mille pagine lasciato nella sua cella al Convento San Francesco di Figline e poi testimonianze di persone che lo hanno conosciuto e frequentato (tra cui Padre Ugo Rossi del Convento di Figline che lo ha seguito dagli Anni ’70 sino alla morte ed oggi ne abita la cella).

Per Raffaello Franci, oltre alla documentazione istituzionale, vi sono un faldone di carte professionali e private presso l’Archivio storico dei frati Minori di Firenze, una quantità di progetti e disegni custoditi ma non inventariati alla Verna, alcune poche carte rimaste al Convento di Monte alle Croci di Firenze dove visse ed una testimonianza della pronipote e pupilla Maria Patrizia Franci Torricelli di Terranuova Bracciolini.